5° Queer Lion Award: film in concorso

“Schuberth. L'atelier della dolce vita”
"Schuberth. L’atelier della dolce vita" by Antonello Sarno (Italy, 37’)

Schede, sinossi, informazioni e foto dei film in gara per il Queer Lion 2011; inoltre, il calendario di tutti i passaggi in sala durante la Mostra

Wilde Salomé
di Al Pacino (Usa, 95’)
con Al Pacino, Jessica Chastain, Kevin Anderson
Wilde Salome proietta il pubblico nella vita personale di Al Pacino come mai era successo prima, offrendo un ritratto intimo e profondo della più grande icona del cinema alle prese con il ruolo più impegnativo mai interpretato: se stesso ed il re Erode. Traboccante di verità e candore, Wilde Salome conduce Pacino in giro per il mondo, a Londra, Parigi, Dublino, New York, Los Angeles, e dentro il suo camerino; niente appare off limits mentre Pacino esplora le complessità del dramma di Wilde, nonché i processi e le tribolazioni che hanno segnato la vita dello scrittore, offrendo al tempo stesso uno sguardo senza precedenti anche sulle proprie. Toccante e divertente allo stesso tempo, quello di Pacino in Wilde Salome è un viaggio fatto di passione, determinazione e, soprattutto, di ossessione. Hanno partecipato al film Tom Stoppard, Gore Vidal, Bono, Tony Kushner e Merlin Holland, nipote di Oscar Wilde.

L’ultimo terrestre
di Gian Alfonso Pacinotti (Italia, 100’)
con Gabriele Spinelli, Anna Bellato, Luca Marinelli
La storia si svolge durante l’ultima settimana prima dell’arrivo di una civiltà extraterrestre sulla terra. Un arrivo annunciato dai governi. Una notizia in seconda serata, che non ha entusiasmato nessuno. Gli extraterrestri trovano un paese stanco e disilluso, in una crisi economica conclamata e gravissima. Le reazioni delle persone alla venuta degli extraterrestri vanno da quella razzista a strampalate interpretazioni mistico-religiose. Questa è l’ambientazione che ospita la nostra storia. Ma il film non racconta la storia di un popolo; segue invece la vita di Luca Bertacci, un uomo con enormi problemi di relazione, un uomo che, abbandonato dalla madre quando era piccolo, è cresciuto nell’odio per le femmine, l’unico amico vero è un transessuale che conosce sin da bambino, un legame che si è fortificato negli anni, nato perché era l’unico del quartiere e non prendere mai in giro le “stranezze” di quel ragazzo “diverso”. Nella diffidenza e, soprattutto, nell’incapacità di provare sentimenti. Ma l’arrivo degli extraterrestri cambierà tutto. Difficile, al termine della storia, non pensare che questi extraterrestri con il loro arrivo tanto simile a un “giudizio universale” (per punire egoismo, avidità, machismo, transfobia) siano alla fine venuti sulla terra solo per lui. Come un regalo.

Jultak dongshi
di Kyungmook Kim (Corea del Sud, 115’)
con Lee Paul, Kim Saebyuk, Lim Hyungkook
Jun, ragazzo d’origine nordcoreana immigrato illegalmente in Corea del Sud quand’era bambino, lavora in una stazione di servizio. Per proteggere dalle avance del gestore la collega Sun-hee, immigrata cinese d’etnia coreana, si fa licenziare. Quando torna alla stazione per rivendicare il salario non corrisposto, Jun fa a botte con il padrone. Fugge quindi con Sun-hee, attraversando la città e riappropriandosi romanticamente di luoghi che non sono loro mai appartenuti. Hyeon è un giovane omosessuale che con l’ausilio di una videocamera esplora gli spazi di un lussuoso appartamento abbandonato. Quell’attico è stato il teatro della sua relazione clandestina con Seonghun, uomo d’affari di mezza età sposato che manteneva la viziata e noiosa esistenza del ragazzo. Fino a che reciproci tradimenti e menzogne hanno minato le fondamenta di una relazione condannata all’invisibilità e al silenzio di una dorata prigionia. Quando le traiettorie di solitudine dei due ragazzi s’incrociano, i due decidono di farla finita insieme. Ma il doppio suicidio conduce ad una nuova genesi, alla rinascita dei due in uno.

Palácios de Pena
di Gabriel Abrantes, Daniel Schmidt (Portogallo, 59’)
con Alcina Abrantes, Andreia Martina, Catarina Gaspar
Ossessionate dalle proprie vite senza scopo, due preadolescenti si incontrano durante una visita alla nonna malata. Nel mezzo delle fantasie dell’anziana di un retaggio medievale consumato dalla paura e dalla passione, le due ragazze vengono trasformate e affrontano un passato di oppressione. Palácios de pena tratta di una paura che in Portogallo è un’eredità culturale, legata all’oppressione politica e sociale durante l’Inquisizione e il fascismo. È incentrato su due ragazzine portoghesi benestanti, e sovrappone le loro identità in via di sviluppo a un processo che condanna al rogo due omosessuali moreschi. La loro nonna malata dà loro coscienza del loro patrimonio tramite il meccanismo del desiderio, descrivendo un sogno dove è giudice dell’Inquisizione. La colpa della nonna e delle ragazze è complicata dalla loro relazione, familiare e affettiva. Si amano l’una con l’altra come l’ignoranza e la volontà di opprimere con la violenza, che esse rappresentano.

Sal
di James Franco (Usa, 103’)
con Val Lauren, Jim Parrack, James Franco
Sal di James Franco racconta le ultime ore della vita dell’attore Sal Mineo, ex idolo giovanile e protagonista di film di grande successo come Rebel Without a Cause ed Exodus. Benché ispirato a eventi reali, il film non è una biografia tradizionale; ci conduce infatti in un viaggio intimo che ripercorre l’ultimo giorno della vita di Mineo. Il 12 febbraio 1976, Sal Mineo non era più il fenomeno di un tempo, ma, dopo anni di penosi insuccessi, stava finalmente trovando la strada per diventare l’attore e regista che a lungo aveva desiderato essere. Avrebbe dovuto girare il suo primo lungometraggio e mancavano solo pochi giorni alla prima di una pièce che gli aveva già procurato recensioni entusiastiche a San Francisco. La vita di Sal Mineo si stava finalmente assestando quando fu brutalmente troncata da un aggressore solitario e da un delitto insensato. In Sal il pubblico ha accesso al mondo di Mineo, assiste alle sue ultime ore, con gli alti e i bassi, i momenti elettrizzanti e quelli banali, che finiscono con il condurre a una conclusione scioccante e orrenda.
Quando fu assassinato, Sal Mineo aveva 37 anni ed era sul punto di rilanciare la sua carriera. Aveva iniziato come bambino prodigio, e a 15 anni recitava a fianco di James Dean in Rebel Without a Cause, film che valse a entrambi una candidatura agli Oscar. Da giovane Sal ebbe un successo incredibile, sia come attore, sia come cantante; ma dai vent’anni in poi, per motivi in parte indipendenti da lui, perse la stima di cui aveva goduto all’inizio della carriera. Da ventenne e trentenne stentò a trovare lavoro, senza raggiungere mai il successo di cui aveva goduto in precedenza. Visse cioè la tragedia comune a tanti artisti, totalmente dedicati al proprio lavoro ma senza sbocchi. Ma fino all’ultimo Sal si batté per la libertà d’espressione, sforzandosi di trovare il modo per creare opere innovative e interessanti. I giornali scandalistici riportarono la sua uccisione lasciando intendere, senza alcuna prova, che si fosse trattato di una faccenda di droga, o che l’assassino fosse un amante. Da allora il ricordo di Sal è stato macchiato da queste congetture in malafede. Questo film è il ritratto di un artista gentile e sensibile nelle sue ultime ore di vita.

Snow Canon
di Mati Diop (Francia, 33’)
con Nilaya Bal, Nour Mobarak, Alban Guyon
Alpi francesi, febbraio 2011. Vanina adora lo scricchiolio del pavimento dello chalet sotto i suoi piedi nudi. Vanina adora spalmarsi la crema solare davanti al caminetto in pietra. Vanina adora la pelliccia fulva del suo coniglietto Souci. Vanina adora il profumo di pelle del divano bianco. Vanina adora osservare per ore la luce che emanano gli occhi color carbone delle donne con il velo ritratte sulle cartoline che colleziona. Vanina adora chattare con Eloïse su Internet. Ma più di qualunque altra cosa, Vanina adora la sua tata americana, Mary Jane. Mediometraggio autobiografico della regista Mati Diop che ricostruisce attraverso il cinema alcuni sfocati ricordi di una adolescenza lontana: la musica degli anni ’80, una amicizia complice in una baita immersa nella solitudine bianca delle Alpi. Ed un bacio, il primo, che ti cambia la vita per sempre.

amore carne
di Pippo Delbono (Italia, Svizzera, 75’)
con Alexander Balanescu, Marisa Berenson, Bobo’
Nel corso dei viaggi, i mezzi leggeri del cinema di Pippo Delbono catturano momenti unici, incontri ordinari o straordinari. Da una camera d’albergo a Parigi a un’altra a Budapest, da Istanbul a Bucarest, i percorsi intrecciano un tessuto del mondo contemporaneo. I suoi testimoni, alcuni famosi, altri no, dicono o danzano la loro visione dell’universo. Gli incontri (con sua madre, gli amici, gli estranei) sono altrettante immagini del mondo di ieri, di oggi, di domani. Un mondo che qualcuno racconta attraverso la musica (come il compositore e violinista Alexander Balanescu) o il gesto (come Marie-Agnès Gillot, étoile dell’Opéra di Parigi), oppure attraverso le parole (come l’attrice Irène Jacob) o il silenzio (come Bobò, lo storico attore sordomuto di Delbono, l’artista Sophie Calle o l’attrice Marisa Berenson). A volte la cinepresa agisce di nascosto (come quando il telefonino cattura l’ennesimo esame per l’HIV, un test che il regista fa pur sapendo da 22 anni quale sia l’esito: “positivo”!, cosa cambierebbe “nel copione della sua vita” se potesse riscrivere quel giorno, quel momento?, nulla, “perché ha imparato a guardare la morte negli occhi”, perché “finché danzi, la morte, seduta, ti aspetterà”). A volte riprende gli attimi che precedono una catastrofe – come il terremoto dell’Aquila. Oppure il dopo, come a Birkenau. Attimi irripetibili, veri, che gli occhi di Pippo Delbono guardano camminando; occhi che si fermano, rallentano, cercano, sono insicuri, scoprono. Da un’immagine all’altra, da un testo all’altro, da uno spazio all’altro, la camera ci parla dell’amore. Della poesia. E della carne. Con ciò che comporta di passione, ombra, dolore, tragedia e umorismo.

Accidentes gloriosos
di Mauro Andrizzi, Marcus Lindeen (Svezia, Danimarca, Argentina, 58’)
con Cristina Banegas, Ignacio Catoggio, Lorena Damonte
Gli incidenti d’auto sono esempi di arte istantanea, sculture realizzate in pochi secondi. Per lo meno così li vede un certo fotografo di Buenos Aires che passa le notti a guidare per la città aspettando l’incidente perfetto da immortalare. Nel frattempo, un altro tizio è alla ricerca di un leggendario pompinaro che si nasconde nelle sale buie di un sex club gay. Accidentes gloriosos presenta nove diverse storie di morte e trasformazione. Da quella di un uomo sottoposto a trapianto di cuore che si risveglia con strane nuove doti artistiche, a quella della donna che riceve una lettera d’addio dal marito, scritta poco prima di morire congelato durante una delle più drammatiche spedizioni polari della storia.

Tae Peang Phu Deaw (P-047)
di Kongdej Jaturanrasmee (Tailandia, 96’)
con Margot Chung, Weerasak Glunrawd, Nastnathakit Intarasut
Lek è un fabbro solitario che non ha mai avuto una fidanzata. Kong è un aspirante scrittore che vive con la madre. I due sconosciuti lavorano fianco a fianco in un centro commerciale: uno fa copie di chiavi; l’altro vende riviste rosa. Insieme, i due architettano un piano che combina i rispettivi talenti. Durante il giorno, si intrufolano in appartamenti vuoti, mentre i proprietari sono al lavoro. Non rubano nulla, prendono solo in prestito. Prendono in prestito le vite, gli amori, le cose che appartengono a degli sconosciuti. Un giorno, si ritrovano a prendere più di quanto avessero chiesto. Tutti hanno dei segreti e taluni non possono essere svelati. In seguito a ciò, Lek si risveglia in ospedale. Con suo grande sgomento, tutti lì lo chiamano Kong. Si rimette dalle ferite. Ogni pomeriggio sale sul tetto dell’edificio per fumare una sigaretta. Lassù incontra Oy, una giovane donna ricoverata all’ospedale che adora sniffare contenitori vuoti – bottiglie, barattoli, lattine, qualunque cosa che la riconduca al passato. I due stringono un’insolita amicizia. Dopo aver lasciato l’ospedale, Lek s’introduce nella casa di Kong. Scopre segreti a proposito del vecchio amico di cui non aveva mai saputo. Incontra persino la ragazza dei sogni d Kong. Ma dov’è finito il suo amico?

Would You Have Sex with an Arab?
di Yolande Zauberman (Francia, 85’)
Un viaggio nella notte, incontro dopo incontro, dai bar di Tel-Aviv alle viuzze di Gerusalemme. Nei night club si balla, si ride, ci si diverte. Si aspetta l’alba sulle note techno di un rave party all’aria aperta. E per finire, un indimenticabile bacio sulla spiaggia. Un primo bacio. Ebrei, arabi, gay, etero, transgender, sono tutti cittadini dello stesso paese, Israele. Nessun muro li separa. Un israeliano su cinque è arabo. Eppure… Una domanda banalissima coglie tutti quanti di sorpresa. Agli uni chiedo: “Faresti sesso con un arabo?”. E agli altri: “Faresti sesso con un ebreo israeliano?”. Non se l’aspettavano. Confusi, ridono, temporeggiano, improvvisano, si stupiscono delle proprie reazioni. Tanti non ci avevano mai pensato. Stare insieme? Appare una barriera invisibile. Ma anche il desiderio. Forse.
Mi hanno sempre affascinata le frontiere che solcano l’intimo, gli amori tra nemici che non si arrendono, le coppie che nascono per questo. Quando si conoscono, si conoscono come nessun altro. Illuminano il mondo di una luce diversa. Sono precursori, moderni e quindi sempre fuori luogo. Adoro il mondo della notte, danzare con la telecamera; credo molto nella danza, nella danza di coppia. Quando fa buio, non riesci a mettere a fuoco, vedi solo i contorni, come gli animali. “Faresti sesso con un arabo?”. Domanda spaventosa – eppure banalissima. La telecamera registra. Devono rispondere senza preavviso. Alcuni dicono sì, altri no, sono perplessi. Ridono. La domanda li scuote. Si vede che ci stanno pensando con tutto il corpo. Sono disarmati (e per gli israeliani non è cosa da poco). Quel divieto così perentorio affiora d’istinto. Devono ammettere in diretta (o scoprire per la prima volta) la percezione che hanno dell’altro, del nemico. “Faresti sesso con un ebreo israeliano?”. La domanda sveglia anche gli arabi israeliani. La maggior parte risponde di sì, anziché no, trascinandoci in un insospettabile mondo notturno. Il film parla di questo. È un’esperienza geografica di stampo amoroso, direi quasi da pancia a pancia. Un viaggio sensuale nella notte promiscua delle città israeliane che non dormono mai.

Schuberth. L’atelier della dolce vita
di Antonello Sarno (Italia, 37’)
La dolce vita è stata inventata da Fellini, raccontata da Flaiano e vestita da Schuberth, il sarto delle “dive e delle regine”. Nel suo sfavillante atelier di via Condotti s’incontravano tutti i protagonisti del jet-set internazionale, dell’alta società romana e di quella “Hollywood sul Tevere” che proprio tra la metà degli anni ’50 e ’60 viveva la sua stagione più intensa e frenetica: da Sophia Loren a Gina Lollobrigida, da Soraya a Martine Carole, tutte affascinate da quello stile unico, eclatante e femminile al punto che in molte, all’epoca, scrivevano sull’invito di nozze… “La sposa indosserà un abito di Schuberth“! Personaggio eccentrico, abile propagandista della propria immagine eccessiva, Schuberth era riuscito a fondare uno stile italiano che si staccava finalmente dall’egemonia parigina. Eppure, alla sua morte, nel 1972, il suo magico atelier ne seguì in breve la sorte. Una parabola fulgida ma veloce, inconsueta nel mondo della moda dove una griffe lascia sempre degli eredi. Per raccontarlo, attraverso decine d’interviste e un fiume di immagini d’epoca che comprendono le “persecuzioni mediatiche” riservate dai cinegiornali al personaggio Schuberth, i testimoni dell’epoca e i giovani che di Schuberth hanno imparato la grande lezione di stile e d’immagine.

Marécages
di Guy Édoin (Canada, 111’)
con Pascale Bussières, Gabriel Maillé, Luc Picard
Nel Canada rurale, durante un lungo periodo di siccità, una coppia di allevatori fatica a mandare avanti la piccola azienda a conduzione familiare. Alle difficoltà economiche si somma la recente perdita di un figlio, che ha segnato i due genitori, Marie e Simon, mentre il maggiore Jean, adolescente inquieto, sta scoprendo la sua sessualità. Finché un nuovo dramma si abbatte sui Santerre: un incidente sul lavoro costa la vita al padre, lasciando la donna nello sconforto e riaprendo di colpo anche le vecchie ferite. Mentre la vedova è oggetto delle attenzioni insistenti di uno sconosciuto che ha assistito all’incidente, il ragazzo si trova quasi abbandonato a se stesso, accudito solo dall’amata nonna che vive felicemente con la propria compagna.